domenica 19 gennaio 2014

Somewhere di Sofia Coppola (2010)

Benvenuti allo Chateau Marmont, luogo ospite di più di un immaginario, dallo stile d’ispirazione francese (il castello di Amboise, nella Loira) alle centinaia di incarnazioni che le sue camere e suite hanno vissuto negli anni: la morte di John Belushi, il cinema, le stelle che l’hanno abitato, i servizi fotografici i cui flash hanno esploso stili e registri fra camere, corridoi, scale e lobby. Qui Sofia Coppola ambienta Somewhere, pellicola del 2010 che abbandona l’immaginario pop iper-iconografico di Marie Antoinette per una visione più romantica, dai contorni sognanti, più vicini all'umano che all'artificiale, più in sintonia con Lost in translation che Il giardino delle vergini suicide.
In Somewhere, Johnny Marco (Stephen Dorff) è una star del cinema che si muove in una scena contemporanea sfinita, sognante e autoreferenziale. Il sesso, il denaro, gli oggetti di lusso (a partire dalla Ferrari nera che gira in tondo nel deserto all'inizio del film), tutto è sfiatato e privato di significato per Johnny, che – a detta della stessa Sofia Coppola – riprende il cinismo, la stanchezza e la presa di coscienza sullo show business del Toby Dammit di Federico Fellini. Come per quest’ultimo sarà una bambina a scompaginare l’esistenza del protagonista - qui però ribaltata da agghiacciante essere demoniaco a salvifico angelo – la piccola Cleo (Elle Fanning), figlia di Johnny, che piomba allo Chateau Marmont per scompaginare la sua esistenza piatta e bidimensionale. Cleo è l’elemento fiabesco per eccellenza, i suoi sorrisi all'indirizzo del padre, il suo muoversi al suo fianco, raccontano molto più che le parole cosa può essere un rapporto padre-figlia. Dal suo arrivo l’universo sfinito e artificiale di Johnny sarà costretto a confrontarsi con la naturalezza e il candore di Cleo. Movimento che trova il giusto climax nel viaggio in Italia che i due intraprendono per ritirare il Telegatto. Il lusso che avvolge produttori e starlette, l’imbarazzante teatrino con Valeria Marini sul palco della kermesse, tutto è demistificato dal confronto con Cleo.


Come nelle pellicole precedenti Sofia Coppola coglie il suo protagonista in un momento di transizione, un momento che Johnny inizialmente non percepisce, che rifiuta piuttosto rudemente, prima di abbracciarlo e buttarvisi a capofitto – come nella piscina in cui gioca con Cleo o fra le morbide coperte di un lettone finalmente condiviso con amore - prima del finale sulle note della meravigliosa I'll Try Anything Once dei The Strokes (che io stesso ho difficoltà a sentire senza commuovermi) e con l’abbandono della metaforica Ferrari Nera fra la polvere di una strada qualunque, per l’appunto somewhere

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