È dai
tempi della commedia indie per
eccellenza Giovani, carini e disoccupati
che il Ben Stiller dietro la
macchina da presa ci piace e sembra non sbagliare un colpo. Il suo ultimo film,
l’adorabile I sogni segreti di Walter Mitty sembra dialogare proprio con la
pellicola manifesto che fece di Ethan Hawke l’attore feticcio della indie culture. In quest’ultima pellicola
una generazione tradita, fragile, umana e reale si confronta con la
contemporaneità, le cui logiche sono ormai totalmente finanziare, irreali e
lontane dal concetto di lavoro.
Il film è
l’immaginifico rifacimento dell’omonimo TheSecret Life of Walter Mitty (in Italia Sogni proibiti) girato nel 1947 da Norman Z. McLeod e prodotto
da Samuel Goldwyn (il cui figlio produce oggi insieme a Stiller il remake), a
sua volta tratto da un racconto di James Thurber. Walter Mitty (Ben Stiller),
manager del reparto negativi alla prestigiosa rivista «LIFE» (principale luogo
di espressione del genere fotogiornalismo) è un preciso e coscienzioso
impiegato che da tempo ha rinunciato all’idea di viaggiare e girare il mondo, dedicandosi
anima e corpo alla valorizzazione del lavoro del fotografo Sean O’Connell (Sean Penn). Questi, saputo della chiusura della rivista (che sta per trasformarsi in
«qualcosa .com») invia a Walter il suo ultimo rullino - con richiesta di usare
per la copertina dell’ultimo numero lo scatto 25 - e un portafogli su
cui è inciso il motto della rivista «Vedere il mondo. Cose pericolose da
raggiungere. Trovarsi l’un l’altro e sentirsi. Questo è il significato della
vita». Mentre un giovane, ignorante e odioso manager (interpretato da Adam Scott) smembra i reparti storici della rivista, licenziando tutto il personale,
Walter parte alla ricerca dello scatto 25 (mancante nel rullino inviato da
Sean) e del suo avventuroso alter ego Sean, fra Groenlandia, Islanda e
Afghanistan.