sabato 28 settembre 2013

Metti una sera a casa di Mamma Italia: Gran Bollito di Mauro Bolognini (1977)

Metti una bella cucina. Bella-bella eh, spaziosa, con tutto a portata di mano! Al centro della cucina un bel tavolo di legno, di quelli solidi e una lampada con carrucola che si può regolare per lavorare con la migliore delle illuminazioni. È questo l’opistodomo allestito da Mauro Bolognini per la sua Leonarda Cianciulli. Un luogo mistico, in cui superstizione, rituale e archetipi simbolici si lavano insieme nel sangue per offrirsi sottoforma di manicaretti e doni. Gran bollito di Mauro Bolognini (1977) è tra le pellicole che meglio incarnano quel connubio tra realtà sociale, surrealtà e attitudine gotica che è punto di forza di tanto cinema italiano.
Mauro Bolognini mette al centro della sua tragedia (la nota vicenda della saponificatrice di Correggio, Leonarda Cianciulli) una Shelley Winters, stupenda e agghiacciante «madre Italia», allegoria mortuale di quell'attaccamento ai propri figli tutto italiano, una follia cieca che pur di impedire il distacco muove verso i territori della follia più bieca e assassina. La Leonarda di Shelley Winters è di più, è una megera, una maga dagli oscuri appetiti e rituali, una strega che dal sud primigenio porta le sue doti divinatorie e la sua magia nera nel cuore del «continente», nella provincia emiliana, conquistando le simpatie di un gruppo di «amiche», tutte accomunate da una fragilità femminile che solo un trio di attori come Renato Pozzetto, Max von Sydow e Alberto Lionello poteva incarnare con tanta finezza e precisione. Il film, speculare rispetto a sé stesso, vede i tre attori interpretare, oltre alla parte femminile, anche una parte maschile in un gioco identitario che è anche di Leonarda. Quest’ultima è spinta, obbligata, dall'irrefrenabile follia superstiziosa che desidera dividere suo figliolo Michele (Antonio Marsina) dalla bella Sandra (Laura Antonelli) per tenerlo sempre con sé.
La visione di Gran Bollito è un viaggio nel grottesco, un percorso surreale, e opalescente fra salotti di rappresentanza, balere, appartamenti, deliri mistici, interpretazioni catartiche (Renato Pozzetto che canta in tre numeri memorabili en-travesti), rituali casalinghi, sesso, paure (il demonio che perseguita Lisa con visioni e aggressioni sessuali) e un finale memorabile in cui la tragedia si chiude per mano di Tina, la domestica ritardata (interpretata dalla meravigliosa Milena Vukotic), che serra per sempre le tende dell’orribile cucina di Leonarda. Un finale che non manca di citare la realtà con la celebre frase pronunciata dalla saponificatrice a chi la apostrofava durante l’arresto «mostro? Chi, io? Ma siete pazzi?». 

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