mercoledì 12 giugno 2013

La casa di Sam Raimi (1981)

È incredibile come ancora oggi – soprattutto oggi, direte voi, dopo l’uscita del reboot che ha richiamato l’attenzione e l’entusiasmo di una nuova generazione di spettatori – rivedere il primo lungometraggio di Samuel Marshall “Sam” Raimi porti a una susseguirsi di scariche di puro piacere cinefilo, ammirazione per il genio creativo del regista e a una riflessione pressoché infinita sugli ingredienti che hanno fatto la fortuna di Evil Dead, uscito da noi con il titolo La casa.
Il giovanissimo Sam Raimi, con l’imprescindibile sostegno della sua crew: Robert Tapert Scott Spiegel e Bruce Campbell, lavora sulla costruzione di un immaginario che fa dell’unità di luogo la sua prima caratteristica: siamo in mezzo a un bosco, il ponte che ci collega alla civiltà è irrimediabilmente danneggiato e l’unico rifugio (si fa per dire) è una casetta di legno, apparentemente semplice e spartana ma le cui caratteristiche sono pronte a fissarsi nell'immaginario pop mondiale, dalla botola che conduce a una buia cantina, alla pendola appesa al muro, dalla rimessa per gli attrezzi alla dondola che sbatte sulla parete esterna (mutuata da Within the woods). Il grande talento di Sam Raimi è di costruire il suo immaginario secondo canoni assai immaginifici, nonostante l’inesperienza e la finitezza della produzione. Le riprese animate dei boschi che circondano la casa, il punto di vista ectoplasmatico dei demoni candariani che osservano e attaccano a turno i cinque giovani protagonisti dalle finestre, lo straniamento sull'orlo della pazzia e dell’orrore di Ash Williams (Bruce Campbell nel ruolo che lo consacrerà nel firmamento geek come una dei personaggi più amati), tutto è realizzato da Raimi attraverso soluzioni creative e personali, come la telecamera che sfreccia fra i boschi e gli ambienti, il volo disarticolato dei personaggi posseduti, il confronto surrealista di Ash allo specchio e le riprese finali con la casa che letteralmente sanguina dalle prese elettriche, fra le assi delle pareti e sulle lampadine, donando alla rappresentazione un appeal arty, surreale e decisamente folle. Tutte caratteristiche che denotano una creatività in grado di superare i confini dell’horror un attimo dopo averli mutati.

Dal commento sonoro a un uso del montaggio (durante la cui fase Raimi conobbe i fratelli Coen, divenendone amico fraterno) che potremmo definire ritmico, La casa possiede tutti gli stilemi che saranno poi riconosciuti propri della regia di Sam Raimi. La casa non sarebbe, però, il cult assoluto che è senza la presenza dell'Ash di Bruce Campbell, attanagliato e costretto all'angolo dai ripetuti attacchi del male, reso folle e urlante nella seconda parte del film che le sue spalle umide di sangue e fetidume organico dimostrano di saper reggere benissimo. Non solo, ricordiamo anche le tre pulzelle, deliziosamente possedute e dilaniate durante il dipanarsi della vicenda: Ellen Sandweiss (la mia preferita, il cui volto demoniaco, che occhieggia dalla botola, è diventato manifesto del film), Betsy Baker e Theresa Tilly.

Non ci resta che rivedere (e rivedere e…) ancora una volta La casa, per la sua potenza visiva, per la svolta che ha rappresentato all'interno del genere, per comprendere quali sono le principali caratteristiche della regia di Raimi e soprattutto perché è il primo film di una trilogia “altra” destinata a divertire e appassionare generazioni di spettatori in tutto il mondo. 

Nessun commento:

Posta un commento