sabato 29 settembre 2012

Atto di forza (Total Recall) di Paul Verhoeven (1990)


Un deserto rosso, ipersaturo.  Due figure, un uomo e una donna, seppur inguainate in due scafandri spaziali si sfiorano con amore, fino a che lui cade per una frana e la protezione del suo casco si rompe. L’uomo boccheggia, la telecamera chiude sul volto a mostrare i grotteschi effetti della contropressione sui suoi lineamenti, gli occhi iniettati di sangue e la lingua, gonfiano, sembrano scoppiare… Con questo frammento proto-onirico, di matrice fumettistica, il regista olandese Paul Verhoeven apre uno dei suoi film più amati e longevi, Atto di forza (Total Recall), nel quale si coniuga la matrice fantascientifica con la violenza iperrealista, le tavole più evocative del fumetto (nel quale lo stesso Verhoeven si era cimentato da ragazzo) con l’organico, il sangue e la cornucopia di corpi mutilati, dilaniati e degradati.
Verhoeven realizza l’ultimo grande film con effetti speciali di natura analogica (siamo all’alba del compositing digitale che porterà a esiti meravigliosi come a molte produzioni sciatte, vedi il remake action di questo film, in sala ora), mettendo alla prova la capacità inventiva sia del regista di Robocop sia del suo grande supervisore degli effetti visivi Eric Brevig. Il risultato è la creazione di un universo ormai riconoscibile come modello. Tutti sappiamo che il film è ispirato al racconto di Philip K. Dick Memoria totale (We Can Remember It For You Wholesale) ma da esso muove, secondo le ossessioni visive e ideologiche di Verhoeven, verso una storia di ambiguità politica che sembra aver trovato materializzazione reale nella carica di governatore della California dell’attore protagonista, Arnold Schwarzenegger. In Atto di forza questi è Douglas Quaid (uno dei migliori ruoli interpretati dall’attore di Terminator), operaio edile ossessionato dagli eventi di ribellione che si stanno verificando su Marte. Qui, il dittatoriale Vilos Cohaagen costringe la colonia marziana a lavorare in miniera nell’estrazione del turbinium (un prezioso carburante energetico). Quaid è un uomo semplice, possiede una bella casa ed è sposato da otto anni con Lori (una Sharon Stone pre-Basic Instinct), non avendo il denaro necessario per raggiungere Marte si rivolge alla Rekall, un’azienda che promette l’innesto di ricordi a prezzi modici. Quaid compra l’esperienza di una spia sul pianeta rosso ma qualcosa in laboratorio sembra andare storto. Quaid ha già vissuto un ricondizionamento mentale o forse è solo lo start del gioco…

Venusville: Mary mostra la mercanzia.
All’interno di quell’ambiguità di natura escheriana, che sarà poi di eXistenZ e di Inception, Verhoeven costruisce la sua storia come un percorso di agnizione dentro una casa degli specchi. Giunti su Marte insieme a Quaid, non riusciamo mai a essere certi se egli è davvero la proletaria guida venuta dalla terra per mettersi a capo della resistenza o le sue sono solo le avventure programmate dalla Rekall. In una splendida sequenza Quaid incontra un dottore dell’azienda (una sorta di assicurazione sul gioco di ruolo) che lo invita a ingoiare una pillolina rossa (già, come quella ingollata da Neo in Matrix… tutto ha un’origine ragazzi!) per ritornare nel mondo reale. Quaid punta un’arma da fuoco alla tempia del dottore, cui scivola una goccia di sudore per la tensione sulla tempia, Quaid (o il suo personaggio) la interpreta come un segnale di menzogna e lo uccide all’istante. Come interpretare poi il finale perfetto, luminoso, «sotto i cieli blu di Marte» se non come un ulteriore segnale dell’ambiguità cui è sottoposta la percezione dello spettatore per tutto il film? La rivoluzione proletaria si è davvero compiuta o è stato tutto frutto del programma elaborato dalla Rekall? La dissolvenza in bianco (piuttosto che nel classico nero) scelta da Verhoeven sembra dirci qualcosa.
Verhoeven e Schwarzenegger: sodalizio felice.
Il regista olandese in Atto di forza è stato accusato di usare la violenza in modo gratuito e sovraesposto (74 morti in 109 minuti di pellicola), dalle ferite sgorga il sangue, le crivellature d’arma da fuoco dilaniano la carne e i corpi (come quello usato da Quaid come scudo durante una sparatoria, in una delle sequenze più criticate), le sollecitazioni meccaniche (leggi mazzate da orbi) provocano dolore e sfigurano i connotati. Verhoeven che da bambino ha vissuto l’occupazione tedesca dei Paesi Bassi (1940-1945) dichiarò di ricordare benissimo le esecuzioni sommarie operate dai nazisti, i cadaveri che disseminavano le strade, i colpi dei fucili e i bombardamenti aerei. Per il regista di Starship Troopers rappresentare la violenza e i suoi esiti sul corpo umano è una scelta imprescindibile, niente a che vedere con la classica rappresentazione cinematografica dove la violenza è sublimata (per esempio nella saga di Guerre Stellari).
Interessante infine la costruzione della città di Venusville, elaborata sul modello del quartiere a luci rosse di Amsterdam. Venusville è luogo centrale per la rivolta, in cui si raccolgono le vittime mutanti dell’operato di Cohaagen - richiamo alle politiche di privatizzazione di beni comuni come l’acqua (qui su Marte l’aria) elaborata da Reagan e Bush – e gli operai delle miniere, insieme alle prostitute (come le leggendarie Pollicina e Mary, la donna con tre seni) per combattere sotto l’egida del misterioso Kuato.
Visione imprescindibile quella di Atto di forza, totalmente da preferire (magari nelle nuove edizioni rimasterizzate in DVD e blu-ray) al roboante remake del papà di Underworld, nei cinema in questi giorni.


1 commento:

  1. Eccomi qua. Certo gli effetti speciali non sono quelli in CGI ma sono comunque validissimi con delle trovate che visivamente sono molto affascinanti: il body scanner, il tempio energetico su Marte e la stessa scena della sparatoria sulle scale mobili.
    A livello di trama non è perfetto, ma con delle scene che si scolpiscono nella memoria.
    Ciao

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