venerdì 6 aprile 2012

Last love parade di Marco Mancassola (2012)


Da anni ci si chiede quali fra i giovani narratori degli anni Novanta siano stati in grado di raccogliere l’eredità di Pier Vittorio Tondelli. Se lo è chiesto, per esempio, Elisabetta Mondello con il suo In principio fu Tondelli e con lei quella parte della critica e degli editori che hanno amato la prosa vitale e materica dello scrittore di Correggio. Leggendo Last love parade mi sono convinto che Marco Mancassola è l’unico autore in grado di muovere realmente da dove Tondelli aveva interrotto. Al pari dell’autore di Altri libertini, Mancassola è in grado di restituire al lettore le preziose sensazioni di onestà, immedesimazione, e catarsi personale. La sua prosa è a tutti gli effetti italiana e allo stesso tempo europea. Anch’egli, come Vicky, muove dalla provincia per un salto immaginifico chiaramente cosmopolita. Inoltre con Last love parade dimostra quanto sia ancora imprescindibile il legame fra giovanilismo e musica per una rappresentazione narrativa vivida ed esemplare.
Last love parade racconta la storia di un amore amicale, quello dell’io narrante nei confronti dell’amico Leo (come il protagonista di Camere separate di Tondelli). Un’amicizia nata attraverso l’affinità elettiva della musica dance elettronica. Quella che i due giovani amici intraprendono è una ricerca che li porterà a riconoscersi, attraversare i decenni, identificarsi, per poi allontanarsi e perdersi in un fade to gray emozionale. In Last love parade il racconto privato si fa collettivo, si amplia a inglobare e raccontare l’evolversi della dance elettronica: le radici disco, la club culture, la techno, la goa trance, l’hardcore, il raving, e, ovviamente, la acid house. Una narrazione che è allo stesso tempo sociale, politica e culturale.

Marco Mancassola
Per il lettore diventa immediatamente necessario seguire i continui cambiamenti di luogo del protagonista, da Londra a Berlino, da Amsterdam sino in oriente. Questa mobilità ha i connotati della ricerca intellettuale, che è principalmente ricerca del sé. 
Last love parade inanella una serie di immaginari, una costellazione che restituisce coordinate e informazioni attraverso il racconto della voce narrante, che si dilata fino a contenerci tutti.  Riconoscimento, appartenenza, rifiuto e comedown sono alla base del racconto. La chiave che abbiamo perduto si chiama identificazione collettiva, Mancassola in Last love parade ci racconta di come essa si è frantumata e ricomposta in maniera esponenziale.
Il testo sfugge a superficiali tentativi di definizione. Si cimenta con il recupero di fonti e dati per offrire al lettore un racconto il più possibile coerente e reale. È affidabile e colto nonché immediato e squisitamente narrativo quando racconta l’evoluzione del rapporto di amicizia fra i due protagonisti. Ciò che rende gradevole e interessante Last love parade è il continuo gioco di piani che compone una visione fatta di entusiasmo, ansia, frustrazione, una rappresentazione generazionale in cui immedesimarsi è facile e necessario.
Il finale - con il sogno semplice e post-umano (quasi un’immagine kubrickiana) di ingerire tutta la memoria e la musica del mondo - e la nuova appendice che Mancassola ha aggiunto alla nuova edizione per Il Saggiatore, hanno il suono di un sospiro cosciente, chiudono su un’inquieta sconfitta, l’impossibilità di continuare la ricerca del beat perfetto, del prossimo rituale musicale e corporeo in cui diluirsi. È la presa di coscienza dell’abbandono di una dimensione mobile e collettiva per una più matura, l’unica fisicamente e fisiologicamente ancora possibile. Una conclusione in cui il sé, finalmente riconosciuto, deflagra, ed è serenità.


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