giovedì 9 febbraio 2012

Rabbits di David Lynch (2002)

Gli otto cortometraggi di Rabbits, progetto metacinematografico di David Lynch (troviamo brani della “sit-com degli oscuri coniglietti” anche in INLAND EMPIRE) arricchiscono alcuni temi, archetipi culturali e scelte stilistiche della visione cinematografica del regista di Elephant ManGià, la serialità, molto amata da Lynch che volle stravolgerne per sempre le istanze con Twin Peaks (riprovandoci senza riuscirci con il progetto Mulholland Drive) e che qui torna ad affascinarlo. Gli otto cortometraggi di Rabbits sono pensati come puntate di una sit-com, con inquadrature stabili ed ecumeniche nei confronti di tutti i protagonisti, una scenografia riconoscibile e familiare, registrazioni di applausi del pubblico e risate. Lynch, con fare alchemico e surrealista deframmenta i connotati stilistici della sit-com ricostruendola con fare ready-made per ottenere un risultato oscuro e straniante, in grado di provocare stilettate di puro orrore nello spettatore (esattamente il contrario del comfort catodico della situation comedy). Lynch, forte della staticità delle dinamiche sociali e psicologiche all’interno della cornice seriale cui fa riferimento costruisce una vera prigione di incomunicabilità dove i protagonisti rosi da un orribile e innominabile evento, si rivolgono l’un l’altro senza mai comprendersi, nutrendosi di oscure suggestioni, recriminazioni e rimanendo continuamente in attesa della resa dei conti.

Il fulcro di ogni episodio è il momento in cui viene recitata una poesia (sempre diversa) da tutti e tre i personaggi (interpretati da Naomi Watts, Laura Harring e Scott Coffey). È il momento più lucido, dove il non-detto trasfigura nell'assonanza surreale costruendo una catena di suggestioni che, come ha ben notato Alessandra Cavisi, «restituisce particolari importanti circa l’omicidio: “denti sorridenti” (basti ricordare la famosa foto di Laura Palmer), “sirene distanti”, “navi distanti” (il corpo della ragazza di Twin Peaks fu trovato in mare), e via di questo passo».
Ancora una volta viene messo in evidenza il rapporto citazionistico che lega Rabbits alle altre produzioni di Lynch. L’ossessiva domanda senza risposta che aveva appassionato il pubblico in quei mesi: «Chi ha ucciso Laura Palmer?», sembra infatti risuonare continuamente nel bugigattolo illuminato ad hoc della famiglia di oscuri coniglietti.

In definitiva Rabbits è un progetto originale e curatissimo, che apre un’altra porta nell’universo lynchiano dove il familiare e la routine possono nascondere orrori mai sopiti e paure innominabili.




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