martedì 28 febbraio 2012

Le regole dell'attrazione di Bret Easton Ellis (1987)


La fenomenologia della vita nel campus ricopre un ruolo di prim'ordine all’interno della popular culture americana. Scrittori, sceneggiatori e registi hanno investito tempo ed energie creative nella realizzazione di opere che ne descrivano le caratteristiche – dal cult movie Animal House al serial di MTV Greek – a ribadire l’importanza fondamentale che il college ricopre nel il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Lo declina con raffinato avanguardismo e inventiva formale anche Bret Easton Ellis che in Le regole dell’attrazione racconta la vita dell’immaginario campus liberale di Camden, nel New Hampshire, probabilmente modellato sul Bennington College frequentato da Ellis stesso. 
Come nel successivo American Psycho anche i giovani protagonisti de Le regole dell’attrazione sono dostoevskiani uomini del sottosuolo. I loro diversi punti di vista si alternano sulle stesse vicende evidenziando discordanze, menzogne, tic, paure, costruzioni immaginarie e desideri repressi. Lauren Hynde (che ritroveremo al fianco del protagonista di Glamorama Victor Johnson… pardon Ward), Paul Denton (presente in American Psycho) e Sean Bateman il fratello della futura icona degli anni novanta Patrick, vivono per inerzia mentendo a se stessi prima che gli altri.  Cercano di imparare a vivere sulla superficie (e statene certi sono già sulla buona strada…perduta), a non affrontare nessun evento in maniera emotiva e orribilmente “profonda” (termine tollerabile soltanto nel titolo di un certo film…). Lauren è un’artista e una poetessa e vive di struggimento per il suo amore lontano Victor, in viaggio in Europa (uno dei brani cult de Le regole dell’attrazione è il racconto per voce dello stesso Victor delle sue peregrinazioni in giro per il vecchio continente, un loop visivo e sensoriale a metà fra la beat culture e MTV) ma finisce a letto con Sean impegnato a scrollarsi di dosso ogni riferimento (anche economico) che possa collegarlo alla sua famiglia. Quest’ultimo infine è nelle mire del bisessuale Paul Denton (interpretato nella magnifica riduzione cinematografica di Roger Avary da Ian Somerhalder).

Attorno a loro la variegata fauna di Camden, i party, i locali, gli alloggi, le confraternite e i professori (per lo più bavosi maniaci, nel migliore dei casi assenti). Ci troverete Bertrand il compagno di stanza di Sean che recupereremo in Glamorama, Clay «il ragazzo di L.A.» protagonista di Meno di zero, Mitchell Allen che incontreremo anni dopo in Lunar Park. L’unico impulso a cui tutti i personaggi rispondono è quello sessuale, persino gli input culturali passano attraverso di esso e lo servono per il raggiungimento dell’obbiettivo finale (mai del tutto anelato). Il resto è escapismo diluito in una bottiglia di birra calda e sgasata: la droga, l’alcool, i video di MTV, i compiti mai del tutto svolti, i corsi, la famiglia (degli scampoli a metà fra Dallas e Il Padrino).

In definitiva il secondo romanzo di Bret Easton Ellis è il proverbiale anello mancante, l’essenziale e nichilista punto di passaggio, fra l’edonismo minimale di Meno di zero e l’orrore postmoderno di American Psycho.

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