lunedì 6 febbraio 2012

Duma Key di Stephen King (2008)


Fu Duma Key a riportare Stephen King  tra le grazie del suo pubblico e della critica istituzionale che fino a poco tempo prima lo aveva accusato di produzione discontinua e disarmante mancanza di idee. Il nuovo approccio alla scrittura di King, per intendersi quello successivo al terribile incidente del 1999, lo aveva portato sulla strada della sperimentazione. Dalla raccolta di racconti Cuori in Atlantide (1999) all’hard boiled insoluto Colorado Kid (2005), per arrivare alla metanarrazione con l’eccellente La storia di Lisey (2006). La prosa di King in questo periodo ha saputo rinnovarsi e proprio con Duma Key concluse  la stagione di ricerca regalando al lettore una nuova storia assai godibile e coinvolgente.
 Il romanzo narra del “riazzeramento sociale” deciso dal protagonista Edgar Freemantle, costruttore edile vittima di un incidente sul lavoro che lo ha lasciato fisicamente menomato e gonfio di rabbia nei confronti della moglie Pam. Ormai deciso per il suicidio Edgar viene invitato da un corpulento psichiatra di colore a trasferirsi per un periodo in Florida, proprio sull'isola semiabitata di Duma Key. Qui, insieme ai suoi nuovi vicini di casa, tra cui la vecchia ed elegante proprietaria terriera Elizabeth Eastlake e il suo adorabile avvocato tuttofare Jerome Wireman, Edgar ritroverà la passione da tempo sopita per la pittura e il disegno. Sulle sue tele fioriranno dipinti sempre più surreali e spiazzanti, figli più dell’immaginario malato e pericoloso dell’isola che della creatività di Edgar.


Come già sottolineato da Andrea Bruni e Wu Ming 1 (che riportano in un'intuizione di Beppe Sebaste) Stephen King sorprende sopratutto in quei momenti in cui il ritmo rallenta e cede il passo alla narrazione della vita quotidiana, fatta di scorci domestici e nuove conoscenze amicali, veri e propri momenti-rifugio dall’orrore e dalla violenza. Proprio in queste situazioni King apre alle riflessioni più delicate e emozionali, come quella sulla malattia, sul dolore e disagio che permeano chi ne è afflitto, sulla vecchiaia e sull’importanza della memoria personale, costruita sui gesti e sulle piccole abitudini quotidiane. La storia possiede, grazie a questi preziosi scorci di “inattività” e alla presenza di un numero esiguo di personaggi, un più ampio respiro. Si assapora  il piacere della scrittura. Niente è affrettato e anche quando l’orrore deflagra improvvisamente non vi è traccia di accelerazione alcuna e le descrizioni, permeate da pressante senso della morte e desiderio di riscatto, rimangono dettagliate e precise.
 I riferimenti alla tradizione gotica americana sono palesi e dichiarati, in primis Edgar Allan Poe e H. P. Lovecraft. Vicende reali e fantastiche in Duma Key procedono in parallelo commistionandosi continuamente a moltiplicare i misteri e gli eventi da svelare.

Infine è bene sottolineare il legame, in alcuni casi imprescindibile, che la pagina di King possiede nei confronti del fumetto americano (vissuto quasi sempre come metafora delle azioni quotidiane), della musica rock, fino ad arrivare al cinema, più volte citato e sicuramente parte integrante dell’immaginario del romanzo.

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