martedì 8 novembre 2011

L'ombra dello scorpione di Stephen King


Era il lontano 1978 quando Stephen King dava alle stampe L’ombra dello scorpione, una delle sue opere più articolate e ricche di suggestioni in cui un virus (chiamato Captain Trips) elaborato a scopi militari, con un tasso di infettività del 99,4% decima la popolazione della terra. Il lungo romanzo (823 pagine) parte da un riazzeramento sociale (tematica fra le più amate da Stephen King) e propone uno scenario post-apocalittico e visionario in cui i sopravvissuti americani al virus si riuniscono in due fazioni differenti, una a est (oriente, la nascita) l’altra a ovest (occidente, il tramonto, la morte). La prima fazione è guidata dalla ultracentenaria Mother Abagail Fremantle, una donna afroamericana in comunione spirituale con “Dio” (un dio biblico, atavico), la seconda retta e organizzata nel terrore da Randall Flagg, creatura sovrannaturale rappresentazione del male assoluto. È quest’ultimo il riferimento intertestuale più importante, lo ritroveremo infatti nei romanzi L’occhio del drago, nel racconto Cuori in Atlantide e nella serie più famosa dello zio Steve, quella della Torre Nera. Riferimenti a quest’ultima saga sono poi stati aggiunti nell’edizione del 1991 in particolare al concetto di “ka” (destino) e “ka-tet” (gruppo di persone unite, anche per un breve tratto di tempo, dallo stesso destino).
Le suggestioni de L’ombra dello scorpione sono moltissime e meriterebbero una descrizione più ampia e dettagliata, a partire dalla riflessione/rappresentazione del bene e del male (così simili e a volte difficilmente distinguibili), del libero arbitrio (tutti i personaggi scelgono da quale parte stare a seconda delle proprie attitudini, del proprio background, delle proprie aspirazioni), dei concetti di “colpa” e “espiazione”. Vi sono poi moltissime citazioni sia a livello della struttura: per sua ammissione L’ombra dello scorpione ha come modello di riferimento l’epica de Il Signore degli Anelli; che a livello di tematiche: ancora una volta il fantasy, l’horror (basti pensare alla sotto-trama riguardante Nadine Cross), il thriller (con il personaggio di Harold Lauder), lo sci-fi (il virus segreto del governo), il racconto d’amore e così via in una macro-tessitura che si fa celebrazione del narrare tutto. Interessante a mio avviso anche la rappresentazione da “guerra fredda” (con tanto di spauracchio dell’atomica) affatto semplicistica. Entrambi gli schieramenti non sono definiti ma “frastagliati” (nei desideri, nelle intenzioni), come è nella natura umana il bene non sta tutto da una parte, da qui la difficoltà da parte di King di portare gli eventi a una risoluzione definitiva (ne parlerà in On writing), che di fatto non arriva neanche nelle ultime pagine dove il dubbio (forza motrice e ri-generatrice) chiude magistralmente gli eventi.

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